37 – Mercoledì 24 giugno 2020

Il padrino del melodramma

(Rossini, Otello, «Assisa a’ piè d’un salice»)

Eccolo qua. Il più napoletano dei milanesi. Una carriera cominciata come cameriere di caffè e finita da dominatore delle scene teatrali di mezza Europa. Il “Napoleone degli impresari” che, durante le guerre continentali scatenate dal bellicoso imperatore di Francia, commerciava munizioni e forniture militari, ma che, come un esperto burattinaio, muoveva i fili di decine di cantanti e compositori. Semianalfabeta e orgoglioso delle sue origini popolane, ma anche abituato a trattare da pari a pari con re e ministri. Con un fiuto straordinario per il talento, fu l’orditore di trame per il lancio di Rossini, Bellini, Donizetti, Mercadante e Pacini, e riuscì persino a commissionare opere a Beethoven e Schubert. Signori, questo è Domenico Barbaja, nato a Milano nel 1777 e morto a Posillipo nel 1841. Il padrino del melodramma.

Il primo successo di Barbaja non aveva nulla a che fare con la musica. Si chiamava giustappunto “barbajata” ed era una miscela di caffè, latte, panna, zucchero e cioccolato. Il prodotto più richiesto nel suo caffè, quello dei Virtuosi, a fianco della Scala. Questa invenzione gli procurò lauti guadagni e iniziò a fare l’impresario. Poco per volta arrivò a gestire più volte la stessa Scala e il San Carlo di Napoli, rendendolo uno dei teatri più importanti del mondo. Dal 1821 gestì ben due teatri a Vienna. Gestì anche il Teatro della Cannobiana di Milano.

Nel 1815, quando era a Napoli, offrì al giovane Rossini un contratto per sette stagioni con l’obbligo di fornire dieci opere. Uno dei massimi risultati della loro collaborazione fu l’Otello andato in scena nel dicembre 1816 al Teatro del Fondo. Uno dei brani più noti è la Canzone del salice intonata da Desdemona nel terzo atto, prima dell’ultimo fatale incontro con Otello. Sentiamolo nell’allestimento di Moshe Leiser e Patrice Caurier per l’Opera di Zurigo nel 2012, con il mezzosoprano Cecilia Bartoli che usa un giradischi invece dell’arpa. Dirige Muhai Tang.

Viva l’opera, viva il Teatro, viva il Baretti.

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